Onorevoli Colleghi! - Le ragioni che ispirano la presentazione di questa proposta di legge stanno in una accresciuta sensibilità verso la qualità della morte che sta facendosi strada anche nel nostro Paese, anche se una cultura medica che non si occupi soltanto di allungare la vita non è ancora entrata nella medicina tradizionale.
      In Europa e nel mondo, soprattutto nei Paesi di cultura anglosassone, le cure palliative sono una realtà diffusa, ma si stanno diffondendo anche in Polonia, in Cina, in Africa e in altre zone del mondo.
      Già è stato approvato un decreto per lo stanziamento di risorse finalizzate all'istituzione di strutture di hospice (decreto del Ministro della salute 5 settembre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 266 del 15 novembre 2001) e il Piano sanitario nazionale prevede linee guida e azioni per migliorare l'assistenza alle persone in fase terminale e alle loro famiglie.
      Si tratta, ora, di ampliare il campo di intervento in questo settore prevedendo un sistema di assistenza integrato tra servizi sanitari veri e propri e sostegno al nucleo familiare. Un giusto sostegno al nucleo familiare in cui il paziente è vissuto significherebbe condurlo verso la fine della vita in maniera più decorosa. Stare nella sua casa, assieme ai suoi cari, vorrebbe dire non privarlo di quella serenità e autonomia che solo le pareti della propria abitazione potrebbero dargli.
      Per il raggiungimento di questi obiettivi è fondamentale il ruolo delle regioni e delle aziende sanitarie locali che devono predisporre tutti gli strumenti, non solo finanziari, per l'assistenza ai malati terminali, coinvolgendo tutti i soggetti del terzo settore come cooperative o consorzi

 

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e volontariato. Allo Stato rimane il compito essenziale di indirizzo affinché ci siano pari opportunità per tutti i cittadini del nostro Paese.
      Naturalmente un discorso così delicato prevede una particolare disciplina per la formazione del personale impiegato nell'assistenza ai malati terminali. Al tempo stesso è anche essenziale che ogni malato abbia un programma individuale di assistenza, perché ciascun caso è un caso singolo e particolare e proprio l'approccio individuale e umanizzante differenzia l'assistenza domiciliare dal ricovero.
 

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